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mercoledì 31 agosto 2011

André Øvredal: The Troll Hunter

Si tratta di un mockumentary del tipo "found footage", ma rispetto ai precedenti del genere (Paranormal Activity, Rec e logicamente The Blair Witch Project) strizza l'occhio verso il genere fantasy e omaggia il folklore norvegese sulla figura del troll.

La trama è semplice: in Norvegia un gruppo di studenti universitari si mette alla ricerca di un tale Hans, che sembra sia un bracconiere che illegalmente uccide degli orsi del territorio, scopriranno però che di notte questo individuo và nei boschi a scovare e uccidere i troll che hanno sconfinato dai loro territori. Assieme ad Hans partiranno quindi per un viaggio che li porterà ad attraversare tutta la Norvegia alla ricerca di svariati troll da abbattere per conto della Troll Security Service, fino al terribile incontro sulle cime del monte Dovre con un enorme troll di montagna.

A parer mio il film è veramente degno di nota, sarà che sono di parte per quanto riguarda l'interesse folkloristico trattato, quasi fiabesco, ma che strizza l'occhio in certe occasioni a Jurassic Park (mi riferisco alla scena della pecora sul ponte che funge da esca per un troll). Stupendi i paesaggi e il cast, regista compreso, riescono bene a introdurci in questo mondo "nascosto", fatto di troll che vagano di notte per i boschi, demoliscono foreste intere e ne sono i padroni incontrastati.

L'azione non manca di certo, gli effeti speciali sono più che apprezzabili considerando il budget del film a disposizione. Quindi fatevi trasportare dal film verso scenari macabri e pericolosi, dove troll si aggirano nell'oscurità tra gli alberi alla ricerca di qualcosa da sbranare...

venerdì 12 agosto 2011

Enzo G. Castellari: Carribean Basterds

È difficile prendere il nuovo film di uno dei registi che consideri tra i migliori di sempre e non piangere quando il prodotto è quello che vi presento oggi.

Il regista in questione è Enzo G. Castellari, che un paio d'anni fa ho avuto l'onore di incontrare durante il Science Plus Fiction qui a Trieste, quando ha presentato proprio questo film: Carribean Basterds. E a ripensare come l'ha presentato, vorrei tanto incontrarlo una seconda volta e chiedergli delucidazioni in merito.

Va bene il non saper dire di no se ti propongono un film da girare ai Caraibi, va bene accettare uno script  poco interessante giusto per divertirsi, ma cercare di salvare il salvabile facendolo diventare una raccolta di (auto)citazioni sperando di far esaltare i fan... allora no, non ci siamo proprio.

Vediamo prima la trama, i commenti a seguire.
Ci sono 3 ragazzi. Fratello e sorella, figli di un ricco mercante d'armi stabilitosi in Venezuela e un altro ragazzo conosciuto per caso. Questi iniziano a frequentarsi e poco alla volta scoprono una comune intolleranza nei confronti dei ricchi e dell'ipocrisia del mondo borghese. Ben presto si ritrovano vestiti come i drughi di arancia meccanica a picchiare vecchi e stuprare puttane, per poi essere scoperti dalla polizia e trovarsi in un gran casino, finendo addirittura in mezzo a narcotrafficanti e altra gente poco affidabile.
Il tutto è ovviamente condito di scazzottate (una anche con lo stesso regista, che si fa stendere senza opporre troppa resistenza), arti marziali, sparatorie e sesso gratuito.

La trama è sicuramente poco originale, ma non è il punto debole del prodotto finale. Certo, si sarebbe potuta sviluppare meglio, ma il punto di partenza non era dei peggiori. Lo script in generale, però, non è esaltante. A mio avviso Castellari non avrebbe dovuto accettare di girare una simile porcheria e a quanto pare, avendolo fatto, non ci si è messo troppo d'impegno, perché il suo tocco non è molto visibile. Va bene, c'è la sparatoria con un sacco di morti e gente che vola da tutte le parti, questo è nel suo stile, ma dove sono le esplosioni? I lanciafiamme? Lo sappiamo tutti che sono i suoi giocattoli preferiti su pellicola, eppure qui nemmeno l'ombra.
Un attimo, ho forse detto pellicola? Altra nota dolente, il film non è girato su pellicola, ma con una di quelle videocamere digitali che fanno tanto l'effetto Asylum/porno di scarsa qualità. Per non parlare delle luci, quasi sempre troppo forti, controluce e comunque quasi mai buone. La fotografia, la post-produzione, il montaggio, sono in generale le parti peggiori. Anche e soprattutto per colpa di quei continui flash in cui viene riproposta la stessa scena per svariate volte, ma un po' sfocata, in bianco e nero o con altri effetti fastidiosi. Quando si arriva allo schermo che viene diviso in 3 sulla scena del bacio, però, è veramente troppo.
Come se non bastassero le vibrazioni della telecamera quando qualcuno prende un colpo (forse per non far vedere che i combattimenti sono fatti malissimo?) o il sangue finto che schizza in camera (magari salsa di pomodoro, qui è addirittura fatto in computer grafica..).

In conclusione, un brutto film, che cerca di reggersi in piedi solo sulle continue citazioni ad altri prodotti dello stesso Castellari o del collega-amico Tarantino (un personaggio ha addirittura il suo nome).

venerdì 25 marzo 2011

Rodrigo Cortés: Buried


Attenzione: la recensione potrebbe contenere spoiler
Perché ho appena finito di vederlo e mi è piaciuto, perciò non ho voglia di stare a pensare cosa posso e cosa non devo dire.

Siamo in Iraq, o meglio, siamo in una cassa. Sotto la sabbia dell'Iraq. E qui si svolge tutto il film. Per un'ora e mezza circa. Difficile da immaginare, vero? Io non mi sono voluto informare prima di vederlo, perché sapevo che leggere qualsiasi cosa mi avrebbe rovinato quel senso di ansia che provo al pensiero di trovarmi nella stessa situazione. E invece, proprio perché mi sono imbattuto in qualcosa di completamente sconosciuto, ho potuto godere appieno dell'atmosfera e della suspense.

Perciò se non l'avete ancora visto vi consiglio di fermarvi qui, colmare la lacuna e tornare tra un po'.




































Fatto?



Bene.



E se ancora non l'avete visto, non dite che non vi avevo avvertiti.

Non credevo proprio che fosse possibile fare un intero film dentro una cassa da morto, senza una mezza inquadratura che mostri qualcosa all'esterno. E poi, con un solo attore, ovviamente. C'è da dire che il protagonista (come già detto, l'unico ad apparire su schermo) se la cava bene nel ruolo del giovane impaurito e disperato. E per fortuna, perché se non fosse convincente lui, l'intero film non starebbe in piedi. Invece il prodotto, grazie anche alla regia, è ben confezionato e convince dall'inizio alla fine, senza annoiare mai, nemmeno in quei momenti di schermo nero e affanni, che sembrano interminabili. Come è interminabile l'attesa dei soccorsi, interminabili i secondi in cui il telefono squilla, ma nessuno risponde. Interminabili minuti a parlare con l'addetto alla gestione degli ostaggi in Iraq, che promette una soluzione, che tarda ad arrivare, nella quale il protagonista crede poco, ma che lo spettatore attende, fino alla fine. Fine che arriva quasi senza farsi notare, data la scorrevolezza del film che così, all'improvviso, senza lasciare il tempo di un ulteriore respiro, si conclude.

Personalmente, avrei voluto che durasse ancora un po', che lasciasse ancora qualche spiraglio aperto, che permettesse di dare delle risposte. Ma forse di risposte nei film siamo abituati a riceverne anche troppe. Meglio lasciare nel mistero ciò che è giusto non sapere, per dare un tocco di realismo in più. "Proprio come qualsiasi altro uomo, ci sono cose che so e cose che non so" [mia libera traduzione, tratta dal film]

venerdì 4 marzo 2011

Edgar Wright: Scott Pilgrim vs. The World


Premetto che mi sono divertito abbastanza a vederlo, ma è evidente che c'è qualcosa di fondo che non va. Non so, forse c'è troppa carne al fuoco, e forse anche delle pretese cinematografiche che non concordano con la loro messa in scena. Troppo spesso mi sembrava di aver davanti un pastrugno pseudonerd in cui sembrano mischiati insieme Street Fighter/Hello Kitty/Power rangers e così via... non fraintendetemi, so che il film è più di questo (se lo dirigeva qualcun'altro, magari un hollywoodiano, ne usciva sicuramente una cagata totale) e che magari rende bene in qualche modo l'idea del fumetto originale, ma capisco anche perché sia stato un flop...
Forse fatto diversamente - magari prendendosi un po' meno sul serio, cosa che qui vedo mancare più del solito in un film di E. Wright - poteva diventare un cult ma così no, è solo un film simpatico destinato a non essere ricordato.

domenica 9 gennaio 2011

Tom Hooper: Il discorso del re (The king's speech)


Di questo film se ne parla già da un po', almeno qui in Gran Bretagna, dato che ci si aspetta che vinca svariati premi alle prossime edizioni dei più importanti festival del cinema. In attesa di vedere cosa succederà a tal proposito, entriamo un po' nel merito del film, che ripercorre alcuni anni della vita del re inglese Giorgio VI, dalla morte del padre all'abdicazione del fratello Edoardo VIII alla sua incoronazione in un periodo poco felice, con la seconda guerra mondiale alle porte; il tutto è raccontato in relazione al fatto che Giogio VI (qui interpretato da Colin Firth) era balbuziente e aveva qualche serio problema a parlare in pubblico, proprio negli anni in cui la radio stava diventando il nuovo canale per eccellenza con cui la corona britannica comunicava col suo popolo. Grazie alla moglie (Helena Bonham Carter) inizierà a frequentare il modesto ma capace logopedista Lionel Logue (Geoffrey Rush), col quale instaurerà un rapporto, anche se altalenante, di amicizia.

Personalmente devo dire di aver apprezzato il film, che pur collocandosi come una produzione d'alto livello è ben lontano da ambizioni di titanismo hollywoodiano, preferendogli una costruzione più "british" tanto che potrebbe essere tranquillamente visto un po' come uno sceneggiato stile BBC per il cinema. Gli attori principali se la cavano bene, Colin Firth ha già dimostrato più volte in passato quanto gli venga bene la parte dell'uomo timido ma emotivo per cui il ruolo di Giorgio VI, divenuto re inaspettatamente e contro la sua volontà gli calza a pennello; Geoffrey Rush se la cava altrettanto bene, mentre non ho visto di buon occhio Helena Bonham Carter nel ruolo della Regina Madre; non che se la cavi male ma penso non fosse un ruolo per lei questo, sempra una messa lì giusto perché ha una faccia nota. Sono stato contento di rivedere invece Jennifer Ehle, che proprio con Colin Firth aveva recitato da protagonista nel famoso Orgoglio e pregiudizio della BBC oramai svariati anni fa fa, anche se qui torna in un ruolo secondario ovvero la moglie del logopedista.

In conclusione, quindi, un film che mi sento di consigliare pienamente. Uscirà in Italia il 28 di questo mese.

venerdì 19 novembre 2010

Jalmari Helander: Rare Exports - A Christmas Tale


Vincitore del premio Méliès d'Argent e del premio del pubblico alla decima edizione del Science Plus Fiction di Trieste, Rare Exports - A Christmas Tale segue il corto ad opera dello stesso autore, che in un modo piuttosto originale ha voluto raccontare il natale a modo suo.
Sì, perché forse non tutti sanno che Babbo Natale (ovviamente tutti invece sanno che la sua leggenda è originaria del nord Europa) non solo non era un personaggio proprio raccomandabile, dato che rapiva i bambini cattivi per mangiarseli, ma non era nemmeno grasso e vestito di rosso! E questo lo sa anche il piccolo Pietari, protagonista di questa curiosa vicenda.


In un paesino non ben precisato della Finlandia, come ogni anno si sta aspettando l'arrivo delle alci, per dare l'inizio alla stagione di caccia e portare a casa la pagnotta come i precedenti inverni. Ma c'è qualche problema: sono state tutte ammazzate e l'economia di questa piccola comunità è distrutta. Non si sa se si arriverà alla fine dell'inverno. Che fare?


Nessun problema, non disperate! Poco distante degli americani stanno venendo massacrati da una forza misteriosa, che ben presto si rivelerà collegata in qualche modo al vecchiaccio porta-regali e si trasformerà un manipolo di cacciatori in businessmen a livello internazionale (ma state tranquilli, non si parla di economia!)


Una storiella originale e divertente, dai tratti seri e che non eccede mai, rimanendo sempre su toni pacati anche se palesemente di fantasia. Si sviluppa in modo lineare, senza grandi colpi di scena né sviluppi arzigogolati, lasciando allo spettatore il tempo di metabolizzare un po' per volta i diversi elementi, che non si sovrappongono gli uni agli altri, garantendo appunto una visione piacevole dal punto di vista narrativo.


Per quanto riguarda gli effetti speciali e i trucchi, invece, non c'è nulla fuori posto: la computer grafica trova il suo spazio e lì rimane. Graficamente è un prodotto ben confezionato e godibile sotto tutti i punti di vista; non un film da 10, ma di tutto rispetto.

martedì 16 novembre 2010

Marvin Kren: Rammbock

Una produzione per la tv nazionale tedesca, frutto della passione e del lavoro di un gruppo di giovani, della durata di appena un'ora, dalla qualità grafica non eccelsa ma che sa stregare il pubblico.
E mi chiedo perché, visto che la storia non è originale, non ci sono spunti interessanti e i personaggi sono così così. Però alla gente presente in sala è piaciuto.
Sarà che di film sugli zombi ormai ne ho visti a pacchi, sarà che non mi faccio incantare facilmente da un accenno di romanticismo e non esplodo di gioia quando il protagonista da sfigatello che pareva all'inizio, si fa rispettare e prende la situazione in pugno.

C'è un ragazzotto cicciottello che va a casa della sua ragazza, trasferitasi all'improvviso senza dare spiegazioni, nella speranza di farla tornare da lui. All'improvviso un'invasione di zombi. Di quelli che corrono, quindi se anche voi come me siete dei puristi del genere, già qui c'è da storcere il naso. E volete non storcerlo anche quando esce sulle scale a recuperare il cellulare che gli era caduto poco prima? Vabbè, insomma, rimane chiuso nell'appartamento con un giovane apprendista idraulico che stava facendo dei lavori in casa della ragazza, che non si trova.
Poco alla volta i vari condomini del palazzo cercheranno di unire le forze per scampare al contagio e sopravvivere il più a lungo possibile.

L'ho già detto e lo ripeto: niente di nuovo sotto il sole. Però se capita gli si può anche dare un occhio.

lunedì 15 novembre 2010

Thomas Cappelen Malling: Norwegian Ninja


Norwegian Ninja è un film fantapolitico la cui storia è basata sulla reale condanna di Arne Treholt, ex politico norvegese accusato di tradimento a causa di una presunta collaborazione con il governo russo durante la Guerra Fredda. Non è importante però sapere a priori come sono andate le cose, perché questo film racconta la vera storia di come il comandante Treholt e la sua squadra di ninja abbia salvato la Norvegia durante la Guerra Fredda.
Come si può facilmente intuire dal titolo, la serietà non è di casa qui, ma solo all'apparenza. Dietro una facciata da commedia mista ad azione, si nasconde il cuore meno divertente e che più fa riflettere di un'opera che mira a sensibilizzare lo spettatore su tematiche importanti. Ma con i ninja.

È inutile sprecare tante parole: il film è divertente, soprattutto per la consapevolezza della scarsità dei mezzi a disposizione, della quale è stato fatto un punto di forza e il trailer parla da sé.

mercoledì 3 novembre 2010

John Landis: Burke & Hare

Immagino che per presentare John Landis basti citare alcuni dei suoi film più famosi, come The Blues Brothers, Animal House, Un lupo mannaro americano a Londra e così via. Bene, a quanto pare è tornato a dirigere dato che ieri sono andato qua a Leeds a vedere questo film intitolato Burke & Hare, di cui non sapevo un gran ché, avevo solo visto la pubblicità in giro, attratto dalla presenza di Simon Pegg (L'alba dei morti dementi, Hot fuzz ma anche qualche recente film hollywoodiano come Star system o Star Trek) e Andy Serkis (Smeagol/Gullum nella trilogia de Il signore degli anelli), poi quando il film è iniziato ho visto che il regista era lui e ne sono rimasto piacevolmente colpito (erano più di 10 anni che non faceva un film vero e proprio, pensavo avesse smesso).

Comunque, venendo al film, si tratta di una pellicola di produzione inglese, che racconta seppur con i toni ironici della black comedy (infatti il film si apre con la frase Questa storia è ispirata a fatti reali, tranne quelli che non lo sono) la vera storia di William Burke e William Hare, due irandesi nella Ediburgo dei primi dell'ottocento i quali, dopo aver scoperto che un professore di medicina del posto, il dottor Robert Knox (fra i cui studenti c'era pure Charles Darwin), acquistava cadaveri per le sue lezioni di anatomia, gli vendettero il corpo di un inquilino deceduto di morte naturale, ma non volendo perdere l'occasione di fare ancora soldi in questo modo iniziarono una carriera da serial killer. Ovviamente le grandi attese nascondono sempre una delusione per i più, dato che da un bravo regista del passato che torna a fare un film dopo un decennio ci si aspetta sempre qualcosa di sublime... ma devo dire che in questo caso, almeno per me, non è stato così. Ammetto che non si tratta del capolavoro di John Landis, e che la trama ha dei momenti un po' discontinui e che le gag non brillano per originalità (ho letto che gli sceneggiatori sono gli stessi del nuovo film St. Trinian's, che faceva cagare, quindi è senz'altro colpa loro), ma il film è senz'altro sopra la media delle commedie da multisala di questi tempi; i due protagonisti formano una coppia che funziona, e se la cavano più che bene anche i comprimari, fra cui spunta in qualche cameo anche qualche celebrità cinematografica come Ray Harryhausen (quello dei mostri in stopmotion) e Christopher Lee (Dracula, Sherlock Holmes e mille altre cose); dal punto di vista della storia anche il risovolto amoroso, che di solito in questi film è un po' disgustoso, qui è ridicolizzato e appare più digeribile, così come non è presa troppo sul serio neppure la satira nei confronti dei discutibili mezzi a cui a volte il progresso ricorre per progredire.


In conclusione, un film che mi sento di consigliare pienamente; John Landis forse non è più il genio anarchico dei suoi primi film ma dimostra di saper maneggiare il mezzo cinematografico ancora molto bene. La data dell'uscita italiana non è ancora nota, ma immagino che uscirà senz'altro.

venerdì 15 ottobre 2010

Ritorna Ritorno al Futuro!


Lo so, è notizia ormai di qualche giorno fa, ma non ho avuto tempo di parlarne... ho da poco rivisto la trilogia di Ritorno al Futuro e nel giro di poche settimane, scopro che in occasione del venticinquennale dall'uscita del primo episodio, questo verrà proiettato nelle sale italiane in una speciale edizione rimasterizata. Le date sono 27 e 28 ottobre, il luogo: qualsiasi cinema del nostro paese.

Edward McHenry: Jackboots on Whitehall


Mi sono interessato al film non appena ho visto il trailer: un film fatto con i pupazzi – praticamente un Team America all’inglese con delle Barbie e delle versioni deformi di Big Jim – e ambientato nel 1940 durante un’ipotetica invasione della Gran Bretagna da parte dell’esercito nazista, che arriva a Londra dal sottosuolo tramite carri armati con trivella posticcia; in aiuto del primo ministro Churchill arriva un ragazzo delle campagne inglesi del Kent (“interpretato” da Ewan McGregor), scartato dall’esercito perché ha le mani troppo grosse; assieme ad un manipolo di persone di varia natura si attesteranno sul vallo di Adriano, ma se la caveranno soltanto grazie all’aiuto di Braveheart…

Premetto subito che il film è abbastanza modesto: a me è piaciuto e mi sono divertito parecchio a guardarlo, ma non è niente di particolarmente brillante. La comicità deriva, come può essere prevedibile, sia dal fatto che il film è interpratato integralmente da bambole dalle movenze alquanto goffe sia da tutta la satira sui vari personaggi storici tirati in ballo durante il film: Winston Churchill è mostrato in tutta la sua caricaturabilità, sia come personaggio d’omone tutto d’un pezzo che come tratti fisici esteriori quali l’onnipresente sigarone e il Tommy gun in mano, mentre Hitler dà il megio di sé indossando gli abiti della regina e fra i suoi sgherri è esilarante Goebbels, che con il suo sguardo bloccato in una smorfia idiota con la bocca spalancata fa la parte dello scemo del gruppo. Altrettanto sono tirati in ballo con intenti satirici gli stereotipi razziali dei popoli coinvolti, così abbiamo un pilota americano che fa tutte le tipiche assurdità degli eroi di guerra dei film americani (irresistibile il fatto che è irriducibilmente convinto che l’esercito nazista tedesco siano i comunisti russi), soldati indiani con tanto di barba e turbante rimasti gli unici a difendere Churchill, l’elettricista polacco, il pescatore playboy francese, gli scozzesi dipinti come un popolo di selvaggi primitivi a metà strada fra dei metallari e dei cannibali in kilt… insomma, è evidente che si tratta di un film ad uso e consumo locale della Gran Bretagna, e proprio per questo penso che difficilmente lo vedremo distribuito in Italia; ma se vi può interessare vedere qualcosa di diverso dal solito lo consiglio vivamente, il divertimento non manca di certo.

sabato 11 settembre 2010

Samuel Bayer: A Nightmare On Elm Street

Ero curioso di vedere questo remake, l'ennesimo negli ultimi anni che ripropone il classico splatter-horror anni '80.
La trama la conoscete tutti: Freddy Krueger importuna negli incubi le sue vittime, portandole all'insonnia per poi brutalmente ucciderle nel sonno profondo; se muori nel sonno muori anche nella realtà.
Bayer riprende Elm Street ai giorni nostri e Freddy Krueger non è più impersonato dal celebre Robert Englund, ma da Jackie Earle Haley, assolutamente a proprio agio nel vestire i panni del ben più famoso Robert, ovvero maglione a strice verdi/rosse, cappello e guanto con lame sulle dita.
La trama differisce leggermente da quella di Wes Craven, l'obbiettivo di questo film è di rilanciare il franchise, quindi è più appropriato parlare di un reboot.

Come ogni splatter che si rispetti ci sono scene prevedibili e "ridicole" che strappano qualche sorriso, ma è dovuto anche al personaggio di Freddy che non si risparmia, nei dialoghi con le vittime, un lessico poco forbito ("Hey stronzone" disse a Jason in Freddy Vs Jason, ndr).
Ciò che mi ha colpito positivamente sono gli effetti speciali, visivi insomma. Bayer ha saputo sfruttare bene la tecnologia per dare quel tocco di precisione e rendere meglio le scene d'azione (ad esempio la scena del letto), ma non pensate che la storia e l'atmosfera in generale ne abbia risentito, l'essenza dell'incubo più famoso c'è e a particolari non ha nulla da togliere all'originale.
Riguardo Krueger devo ammettere che mi è piaciuto, le caratteristiche son rimaste inalterate, tranne il viso che è letteralmente una via di mezzo tra l'ustione di massimo grado e il mutilamento, facendo sembrare il nostro Freddy quasi un alieno.
Wes Craven (il regista del primo Nightmare) ha ammesso che si tratta del film che avrebbe voluto girare e come se lo immaginava dovesse essere, quindi direi che non è un buco nell'acqua.

Non è possibile fare un paragone tra questo e il film del 1984, sono due cose ben distinte. L'originale aveva un tocco anni '80 del tutto personale, l'atmosfera assolutamente unica. Però questo nuovo film riprende in chiave moderna l'intera sceneggiatura originale, personalizzandola solo per un particolare: Freddy è un pedofilo.
Molti sono rimasti scioccati nel vederlo sotto questo ruolo, ebbene era così che è stata concepita la sua figura, un giardiniere pedofilo di un asilo.

Ve la ricordate la scena finale di Nightmare? Beh, godetevi quella di A Nightmare On Elm Street, assolutamente d'impatto.

Voto: 7+


sabato 4 settembre 2010

Sylvester Stallone: I Mercenari - The Expendables

Arrivo al cinema con largo anticipo, l'attesa è durata mesi ma gli ultimi minuti sono i più insopportabili.
Ingresso in sala alle 22.00; sono le 21.57, io ci provo comunque; respinto, aspetterò.
Alle 22.03 sono al mio posto, passano i minuti, interminabili. Scorrono numerosi spot, qualche trailer; stringo il bracciolo della poltrona, sono teso e impaziente.

Un'eternità di tempo più tardi, finalmente parte il film tanto atteso. Stallone torna per dirigere se stesso e una manciata dei migliori attori di film d'azione con una sceneggiatura scritta da lui. E chi, un po' stoltamente, dovesse dubitare delle sue capacità di regista e scrittore rispondo con: Rocky, la serie scritta interamente da lui (e diretti tutti tranne il primo), Rambo, Over the Top e Cliffhanger anche questi scritti dallo stesso.
Chiuso questo piccolo inciso, torniamo al film vero e proprio.

Esplosioni, sparatorie, scazzottamenti, ancora esplosioni;
un filo di trama per giustificare l'abuso di polvere da sparo,
questo è The Expendables
Fin dai primi minuti non ci si spreca con inutili chiacchiere, subito azione, subito sparatorie, uccisioni, pirati (somali?) vengono sterminati dal nostro manipolo di mercenari, poco propensi a trattare ma anzi impazienti di fare fuoco su qualsiasi cosa si muova. Un inizio che serve solo a mostrare uno screzio tra Ying (Jet Li) e Gunner (Dolph Lundgren), che culmina con la decisione di Barney (Stallone) di allontanare quest'ultimo dal gruppo perché "Non posso fidarmi di te", dice.
Sin dai primi momenti quindi entriamo nel vivo, senza troppo perdersi in chiacchiere (che comunque per tutta la durata del film saranno ridotte all'osso, per favorirne la parte più profondamente maschia) e per lanciarsi a capofitto nell'avventura. O quasi. No, un attimo, prima i mercenari devono essere ingaggiati da Mr Church (Bruce Willis) per un lavoro impossibile e POI partiranno. Peccato che al vecchio Bruce sia stato relegata una particina di soli 2-3 minuti, ma ancor di più che per l'ancor più vecchio Arnold Schwarznegger sia bastato molto meno per uscire di scena (ma la scena rimane comunque pregna di machismo e potrebbe, da sola, valere il prezzo del biglietto).

La missione impossibile che dovranno svolgere i nostri consiste nel ribaltare un governo dittatoriale insidiatosi sull'isola di Vilena, nel Golfo del Messico con l'aiuto (e soprattutto il sostegno economico) di un narcotrafficante americano.
Dopo un primo sopralluogo per prendere atto della situazione locale, sembra che la missione debba essere annullata, perché ritenuta addirittura da loro, impossibile.
Ma c'è una bella sfilza di "ma" che non anticiperò per non rovinare la sorpresa a chi fosse desideroso di guardare il film. Fatto sta che dopo la prima visita all'isola, terminata con un'incursione aerea da parte di Barney e Lee (Jason Statham) che fanno fuori un bel po' di militari locali, i nostri decidono di tornare e fare terra bruciata di ciò che era la base del Generale Garza (David Zayas, noto ai più per la parte di Angel nella serie tv Dexter).

Non volendomi dilungare troppo ho omesso ogni singola esplosione, sparatoria o combattimento, di cui il film è pregno a tal punto da mettere i dialoghi in quinta posizione, addirittura dopo lo sfoggio del pene (in senso figurato) e grazie ai quali si torna a respirare un po' l'aria degli anni '80, da molti agognata.

Per una volta, finalmente, dopo aver storto il naso in diverse occasioni (vorrei ricordare Predators e Scontro tra Titani) sono uscito dal cinema soddisfatto, con il sorriso e ancora un po' gasato per la quantità di testosterone che sprizzava dallo schermo. E fortuna che ero in una delle ultime file, mi avrebbero fatto la doccia se fossi stato più avanti.

Ma, ma, ma, purtroppo ci sono dei ma (speravate che fosse finita eh?).

1. Premesso che SEMPRE un film doppiato perde molto rispetto all'originale e che sono pochi i doppiatori veramente bravi ed in grado di dare una voce soddisfacente ai personaggi che interpretano, c'è una persona, un doppiatore in particolare, che a mio avviso (ma non solo a sentire le opinioni), che dovrebbe essere lasciata senza lavoro. Lo so, è brutto da dire, soprattutto in tempi come questi, ma non posso, non posso e non voglio credere (nonostante l'abbia sentito con le mie orecchie) che Jet Li sia stato doppiato da Mino Caprio. E ve lo devo dire io chi è? Il doppiatore di Peter Griffin. Vi pare possibile guardare un film in cui Jet Li ha la voce di Peter Griffin? A me no. Eppure ho anche cercato il cinema in cui, ogni tanto, è disponibile la cuffia per l'audio originale. Ed ho pianto.
2. La regia è un po' confusionaria, potrebbe non piacere a più di qualcuno, ma personalmente mi ritengo soddisfatto, film d'azione senza telecamere che sbattono a destra e sinistra all'impazzata non hanno lo stesso gusto.
3. Forse ci sono troppi protagonisti. Sarà vero che il cast è stellare (e sono il primo che si è dovuto cambiare le mutande quando l'ha letto) ma proprio a voler mettere troppa carne al fuoco si rischia di trovarsi davanti troppi personaggi che non possono essere caratterizzati a dovere, ma ancora una volta, chissenefrega, ci sono le esplosioni!

giovedì 2 settembre 2010

Robert Rodriguez: Machete

Che dire, signori, se non la serata più bella della mia vita almeno una menzione per quest'anno la vince di sicuro!

Con la splendida cornice della 67ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, il sottoscritto ha preso parte all'anteprima di un film destinato a passare, secondo il mio modestissimo parere, nella storia del TrasH, con la T e la H maiuscole!

Si tratta nientepopòdimenochè dell'attesissimo Machete, ultima opera di un Rodriguez (C'era una Volta in Messico) più in forma che mai! Ovviamente presenti alla visione i produttori(Aaron Kaufman
e Iliana Nikolic), il regista, l'attore principale (un esaltatissimo Danny Trejo), l'attrice coprotagonista (una bellissima Jessica Alba, in vestitino nero mozzafiato, NdJ.DP) oltre che amici e qualche comparsa.

Ma veniamo al dunque, sarete bramosi di leggere, in anteprima mondiale, la recensione di un Film tanto atteso quanto chiacchierato...
Bene, cominciamo con un po' di storia:

Parliamo del 2007, l'anno di uscita della seconda parte del "progetto Grindhouse", una "sfida collaborativa" tra Quentin Tarantino e Robert Rodriguez: Planet Terror.
Diretto da Rodriguez, questo film presentava, prima dei titoli di testa, un fake trailer di un fantomatico film, Machete, per l'appunto...C'è da dire che il personaggio di Machete compariva tra le idee bislacche di Robert fin dal 1994, e fin da quei tempi il volto del "dark hero" era, seppur solo nel magico mondo delle idee, quello di Danny Trejo.
Ma così divago, colpa mia... Vi basti sapere che approfittando del notevole successo di pubblico, unito alle minacce di morte ricevute in caso non avesse diretto quel film il prima possibile, il buon Robert si rimbocca le maniche e gira tutte le scene mancanti al famoso trailer, rendendolo il lungometraggio da me visionato!


Machete (Danny Trejo) è un agente federale messicano, un duro come non se ne fanno più, con un profondo senso della giustizia che lo mette spesso in situazioni al limite del suicidio... E proprio durante una di queste missioni che il nostro eroe cade in una trappola del signore della droga Torrez (uno Steven Seagal più grasso e grosso che mai) Dopo aver visto morire davanti ai suoi occhi la moglie (e, sembra, anche la figlia) e aver rischiato di morire bruciato per l'occasione Machete viene creduto morto. Ma così non è, e il nostro eroe riesce ad entrare illegalmente in Texas, dove conduce una vita da immigrato clandestino, vivendo alla giornata di piccoli lavoretti. Tutto insomma sembra procedere con la degradante lentezza della vita extracomunitaria, finchè Machete viene ingaggiato da Michael Benz (Jeff Fahey) per uccidere il Senatore repubblicano McLaughlin (Robert De Niro) in cambio di una cospicua somma di denaro...Ma l'ingaggio si rivelerà una trappola, e Machete dovrà cercare dapprima di scappare, e poi di vendicarsi di coloro che lo hanno portato a un passo dalla morte! Aiutato da una agente dell'immigrazione sexy e sfrontata, Sartana (Jessica Alba), una messicana combattente per i diritti dei suoi conterranei, Shé (Michelle Rodriguez) e suo fratello, Padre Benito del Toro (Cheech Marin) Machete affetterà chiunque gli si pari davanti prima di trovarsi faccia a faccia con il suo acerrimo nemico, colui che ha ammazzato sua moglie e sua figlia solo pochi anni prima!

Il film comincia fin da subito con una buona dose di inaudita violenza, le machetate non sono sicuramente tenute in disparte, anzi! Protagoniste assolute del film continuano a susseguirsi in turbinii di lame, arti mozzati, decapitazioni, fuoriuscite di budella (non vi anticipo nulla, lascerò a voi la visione del film) e quant'altro si possa chiedere a qualche lama ben affilata di tagliare.
Praticamente le occasioni in cui Machete usa un'arma da fuoco si contano sulle dita di una mano, e restano certamente nella memoria dello spettatore per la fantasia! Ma il nostro eroe non si limiterà a questo: dimostrerà dimestichezza anche con bisturi, seghetti da ossa, un tagliaerba, pezzi di vetro, e chi più ne ha più ne metta! (Seppure indubbiamente la sua arma preferita rimarrà sempre colei che da il nome al film e al protagonista).
Menzione speciale alla colonna sonora, sempre azzeccatissima e in grado di regalare una buona dose di adrenalina "in combo" con le inquadrature, peraltro magistrali, segno di un'esperienza che oramai ha ben poco a che vedere con lo stile rozzo seppur efficace del primo Rodriguez, e risultano infatti raffinate e dinamiche, seppur in quel tripudio al sangue che caratterizza in buona parte il film.

Ottima la scelta di far recitare il meno possibile Steven Seagal, il quale poteva risultare l'anello debole del film, con quel suo faccione inespressivo, ma che contrariamente a ogni previsione si adatta perfettamente al suo ruolo di rude e malvagio trafficante di droga messicano.

Il film, sangue ed esplosioni a parte (neanche quelle mancano, la prima ad appena 8 o 9 minuti dall'inizio del film), è in grado di lanciare pesanti messaggi di critica sociale e politica(il senatore estremamente razzista, il cui piano è quello di "elettrificare" il confine Texas-Messico, al contempo intortato nel traffico internazionale di stupefacenti, la spinosa questione dell'immigrazione clandestina, gli insabbiamenti dei potenti, i gruppi razzisti che formano delle "ronde al confine", e chi più ne ha più ne metta) così fuoriuscendo dal clichè del classico trash movie "atuttosangue" senza un briciolo di trama.

Insomma, da qualsiasi punto di vista lo si veda non si può che apprezzarlo per il capolavoro che è! Interessanti le "scene di anticipazione" per le parti già girate nel finto trailer di Tarantino(inserite TUTTE nello svolgimento del film, che in alcuni momenti sembrano quasi posticcie, mai divenendo però fuori luogo!

Applausi scroscianti e standing ovation in sala, sinceramente non ho mai sentito tanti battiti di mani ad una proiezione... sembrava proprio che lo stesso entusiasmo che mi assaliva durante la visione avesse contagiato tutta la sala!

Come poteva finire una serata così magica, dopo la visione di cotanto film?
Ovviamente con una stretta di mano da parte del sottoscritto prima a Rodriguez, poi a Danny Trejo, condita dal loro autografo sotto lo sguardo ammaliante di Jessica Alba, alla quale ho riservato solo una strizzata d'occhio e un mormorato "well done!"

In pratica?
voto: 9 e 1/2
Ben Cazzada (Ben Fatta, ndR), signori!

mercoledì 1 settembre 2010

Harald Zwart: The Karate Kid

Ci sarebbe molto di che discutere in proposito di questo autodichiaratosi remake (come del resto sta succedendo troppo spesso) ma che con il film originale c'entra poco o nulla. Sarà mica una scusa per non essere criticati per il fatto di aver rubato l'idea da qualcun'altro e aver successo con idee non proprie? Se così fosse vorrei sottolineare che a mio avviso un'accusa di plagio è meno importante di quella d'aver rovinato un bel film. Ma ognuno è libero di pensarla diversamente.

Sì, lui picchia tutti in una scena, l'unica per cui
valga la pena vedere il film.

Cosa ci troviamo davanti allora quando decidiamo di guardare The Karate Kid edizione 2010?
Avete pensato al karate?

Vi sbagliate.

Ci sarà un motivo se è stato ribattezzato (giustamente) Kung Fu Kid (e per esser un pignolo praticante di arti marziali lo trasformerei in Wushu Kid, che forse suona anche meglio). Ebbene sì, la presenza di Jackie Chan come insegnante e il fatto che il film sia ambientato in Cina sono degli indizi non da poco per accorgersi che di karate non si parla affatto. Personalmente, si tratta anche dell'unico motivo che mi ha spinto a vedere il film.

Un riassunto della trama:
bambino di colore (Jaden Smith, il figlio di Will) con madre di colore si trasferisce in Cina per lavoro. Di lei, non di lui, mica sono sfruttatori, lui va a scuola e lì conosce una ragazzina che gli piace molto, ma viene picchiato dai bulletti che le girano attorno. Ovviamente cinesi, qui il razzismo è di casa.
Ecco come NON tenere un guardia.
Lui stufo di essere maltrattato scopre per caso che il custode dello stabile dove vive è nientemeno che Jackie Chan che nell'unica scena valida del film picchia i ragazzini cattivi e gli spacca i maroni finché questo non accetta di insegnarli il kung fu.
A questo punto inizia il noioso e poco credibile allenamento, ispirato ovviamente all'originale The Karate Kid che in un mese porterà Dre (questo il nome del protagonista) sul ring del torneo di legnate locale in cui si scontrerà con i cattivi e vissero felici e contenti.

Evitatelo.

domenica 22 agosto 2010

Adam Green: Frozen

Adam Green sarà noto ai più per esser il regista dello slasher movie Hatchet, chissenefrega direte voi non avendo tutti i torti, ma almeno così sappiamo o possiamo presumere lo stile della sua regia.
Fortunatamente questo Frozen è ben diverso dal suo precedente film, si tratta infatti di un thriller che segue la fortunata scia iniziata all'epoca con The Hole per poi continuare con Cabin Fever e via dicendo.
La formula è semplice: tre giovani amici (due ragazzi e una ragazza) si trovano in vacanza sulle montagne dello Utah e una sera decidono di fare l'ultimo giro in seggiovia prima della fine della giornata, ma improvvisamente l'impianto viene spento e i ragazzi si trovano sospesi a una quindicina di metri dal terreno. L'impianto riprenderà a funzionare solo dopo una settimana e questo i ragazzi lo sanno bene.
Per loro inizierà un incubo dettato dal gelo tagliente, avranno solo due possibilità per cercare aiuto: saltando giù dalla seggiovia oppure ridiscendendola aggrappandosi alla fune, ma tra questi due grossi problemi se ne inserirà un terzo: i lupi.

Realistico e senza fronzoli, mi aspettavo la solita boiata adolescenziale vista e rivista, invece sono rimasto piacevolmente colpito. Il regista delinea in modo sommario la psicologia dei tre protagonisti, ma il quarto e vero protagonista è il freddo. Le chance di sopravvivere a queste temperature e in balia di bufere di neve sono minime, se poi le possibilità di sfuggire a questa situazione sono da catalogarsi sotto la voce "idee suicide" allora è normale che il terrore prenda il sopravvento.
Il mio voto per circa tre quarti è influenzato dal realismo del film, sia chiaro. Per il resto non ci allontaniamo troppo dai film sopracitati.

Voto: 7

venerdì 20 agosto 2010

Srdjan Spasojevic: A Serbian Film (Srpski Film)

Ecco la nuova grande sfida della settimana: vedere A Serbian Film e recensirlo, come se quell'ora e mezza non fosse abbastanza per farmi chiudere lo stomaco. Quindi ora devo stare qui a ripensare a quelle scene, riesaminarne ogni fotogramma, soprattutto quelli più truculenti e violenti, non solo nelle immagini in sé ma nei contenuti.

Milos è un ex porno attore serbo, molto apprezzato in patria, se non addirittura il più grande interprete di film hot che abbia mai calpestato suolo balcanico. Ma tutto ciò che vuole ora dalla vita è continuare a vivere la sua vita in tranquillità e serenità con la sua famiglia. È proprio la famiglia il punto cardine attorno al quale gira tutto il film, sia nel bene che nel male e il regista è bravo nel farlo capire allo spettatore nella prima metà della pellicola, tramite scene semplici ma efficaci.

Ma la vita non è sempre tutta rose e fiori e con il miraggio di poter uscire da una situazione disagiata a causa di problemi economici, Milos accetterà un lavoro che puzza di losco ma per il quale gli viene proposta una cifra che lo sistemerebbe a vita. Vukmir, ricco produttore interessato alle sue capacità e suo grande estimatore, insisterà parecchio prima di riuscire a portarlo nel suo cast, come protagonista di una pellicola che fin da subito apparirà malata e dai risvolti molto più cruenti di quelli che si sarebbe aspettato.

Inutile dire che dopo pochi giorni dall'inizio delle riprese, Milos non ci sta più e rifiuta di proseguire, ma una volta entrato nella tana del serpente, uscire non è una scelta che si può fare.
In un'escalation di tensione, terrore, violenza e morte il nostro protagonista si ritrova a non sapere più cosa gli è successo, dovendo ripercorrere passo dopo passo una strada che l'ha portato oltre ogni limite immaginabile.


A far da contorno alle scene già di per sé violente e raccapriccianti, l'ottima colonna sonora di Sky Wikluh, musicista famoso in Serbia e già noti al pubblico balcanico sono anche gli attori protagonisti, Srdjan Todorovic (Milos) e Sergej Trifunovic (Vukmir), impeccabili nelle loro interpretazioni, come del resto tutti i figuranti che hanno preso parte alle riprese.

Nonostante la prima parte della pellicola scorra via abbastanza facilmente e durante la visione ci si chiede dove stia l'orrore di cui parlano tutti in proposito a questo film, questa non serve altro che da introduzione, serve a prepararci al peggio, ma in modo fin troppo sereno, non abituandoci poco a poco all'inevitabile; non c'è pietà per lo spettatore, come non ce n'è per il protagonista e così insieme, all'improvviso, si viene catapultati in un vortice di sesso, depravazione, violenza, abilmente orchestrato da Vukmir (nel film) e da Spasojevic (dietro la macchina da presa). Si viene a creare in questo modo un parallelo tra spettatore-protagonista e regista-aguzzino, quasi a voler indicare i "dirigenti" come dei mostri, senza scrupoli nei confronti chi non può far altro che subire e stare a guardare, proprio come nella realtà serba, dove la politica attanaglia i cittadini e questi sono costretti a subirne le prepotenze.

mercoledì 18 agosto 2010

Christopher Nolan: Inception

Premetto che si tratta di una recensione difficile da scrivere, dettata dal fatto che il film in sè è complesso e ricco di scene spoiler.
Mi dedicherò quindi a definire la trama nel modo più generico possibile e inserendo alcune tematiche che stanno alla base dell'architettura di Inception.

Domenic Cobb (Leonardo DiCaprio) è un ladro la cui abilità è del tutto particolare, riesce infatti ad estrarre i segreti e le idee dal subconscio dalle persone mentre stanno dormendo.
Nonostante il film inizi in media res, veniamo subito introdotti nei meccanismi di questa arte furtiva che Cobb conosce alla perfezione e che gli è valsa notorietà in ambito di spionaggio industriale.
Cobb ed il suo team si trovano nella mente del potente uomo d'affari Saito (Ken Watanabe) per cercare di rubargli alcune informazioni, ma la missione fallisce quando quest'ultimo scopre di essere in un sogno a causa di un errore commesso dall'architetto dell'ambientazione onirica.
Al suo risveglio Saito contatta Cobb per offrirgli una proposta che non potrà rifiutare: invece di estrarre un'idea dovrà impiantarne una nella mente di una persona, di Robert Fischer Jr (Cillian Murphy) in particolare, figlio dell'anziano Maurice Fischer (Pete Postlethwaite) prossimo a morire e cedergli l'eredità dell'intera azienda di famiglia. La famiglia Fischer è rivale in campo d'affari di Saito, perciò viene chiesto a Cobb di impiantare l'idea, tramite l'inception, nella mente di Fischer di rinunciare all'eredità e quindi spezzare il monopolio. In cambio Cobb avrà la possibilità di ritornare negli Stati Uniti dai suoi due figli.
La missione verrà disturbata da una presenza che sembra conoscere tutte le mosse di Cobb e che solo lui può aver già visto.

In apparenza la trama sembra semplice, ma in realtà è intricata e complessa tanto quanto la psicologia del protagonista e della sua storia personale.
Il team di Cobb per questa missione è composto da:

- Arthur (Joseph Gordon-Levitt): estrattore e braccio destro di Cobb.
- Eames (Tom Hardy): un falsario capace di cambiare aspetto nei sogni.
- Yusuf (Dileep Rao): un chimico indiano che sviluppa sedativi.
- Ariadne (Ellen Page): una giovane studentessa che si occupa di architettare i sogni.

Inoltre nella missione parteciperà lo stesso Saito per assicurarsi che le cose vengano fatte nel modo giusto.
Un personaggio altrettanto importante è Mal (Marion Cotillard), moglie di Cobb morta in circostanze misteriose.

Tema principale del film è il sogno e le sue proprietà (l'onironautica). Il subconscio di ognuno di noi è radicato nella parte più profonda della nostra mente e si rivela solo durante i sogni tramite proiezioni visive. Siamo quindi capaci di costruire incosciamente un mondo non reale nella dimensione onirica. Può succedere però che la linea che divide il sogno dalla realtà sia veramente impercettibile, di conseguenza occorre avere con sè un totem, ovverosia un oggetto capace di dirci se stiamo sognando o meno.
Nel film l'oggetto totem di Cobb è una una trottola che, nel caso egli stesse sognando, continuerebbe a girare all'infinito.
Un altro argomento trattato durante il film sarà il sogno nel sogno, meccanismo capace di avvicinarsi sempre di più al subconscio radicato profondamente nella nostra mente.
Nolan inserisce anche un famoso oggetto impossibile in alcune scene, le celebri Scale di Penrose, un'illusione ottica che rappresenta bidimensionalmente una rampa di scale che muta la propria direzione di 90 gradi quattro volte mentre la si sale o la si scende, per ritornare al punto di partenza in un giro infinito. Lo scopo di questa figura è di spiegare che le strutture normalmente impossibili possono essere create all'interno del mondo del Lucid Dream.



La Scala di Penrose


Al di là di queste utili nozioni per poter comprendere meglio il film, Nolan ci presenta un piccolo capolavoro visivo che prende spunto palesemente da Matrix. Tramite le più moderne tecnologie digitali veniamo trasportati all'interno dei sogni dove visivamente tutto è possibile.
Una buona dose di mistero farà da contorno ad un film mai noioso per tutte le sue due ore di durata, non mancheranno i colpi di scena, il regista vi fornirà man mano tutti i tasselli per comprendere il film e vi lascerà a bocca aperta nel finale, uscirete dai cinema con un punto interrogativo nella mente ed una sensazione rara, quella di aver assistito ad un film interessante e magistralmente diretto.
Ancora una volta DiCaprio conferma di esser diventato un buonissimo attore, sempre più adatto a ruoli del genere (vedi Shutter Island).
Bravissimo Christopher Nolan (Batman Begins e The Dark Knight) ad avere sempre in pugno la struttura del film, normalmente il rischio di creare solo una gran confusione per film simili è altissima.

Consiglio caldamente e spassionatamente a tutti di andarlo a vedere al cinema il 24 settembre.

Voto: 9+



lunedì 16 agosto 2010

Martin Scorsese: Shutter Island

Tratto dall'omonimo romanzo di Dennis Lehane, questo Shutter Island è stato uno dei film più attesi del 2010 e l'attesa è stata più che ripagata.
La coppia Scorsese + Leonardo DiCaprio colpisce ancora una volta nel segno (Gangs of New York e The Departed) e ci regalano un thriller psicologico di notevole fattura.
Il film si svolge nel 1954 e inizia con due agenti federali, Edward "Teddy" Daniels (Leonardo DiCaprio) e Chuck Aule, che vengono mandati su Shutter Island all'Ashecliff Hospital, un ospedale psichiatrico di massima sicurezza specializzato nel curare i criminali malati di mente.
Il loro compito è investigare sulla scomparsa di Rachel Solando, una paziente misteriosamente scomparsa dalla sua stanza blindata che in passato era stata ricoverata per aver affogato i suoi tre figli, ma nonostante ciò è convinta di trovarsi ancora a casa sua insieme ai figli.
Per l'agente Edward Daniels inizierà una ricerca assidua che verrà ostacolata dal primario dell'ospedale John Cawley (Ben Kingsley), col passare del tempo misteri e il passato di Edward verranno a fargli visita e dovrà scontrarsi non solo con la realtà di Shutter Island, ma anche con se stesso...

Incredibilmente ispirato, magistralmente diretto e perfettamente interpretato. DiCaprio ancora una volta ci dà prova delle sue doti da attore, perfettamente a suo agio nel ruolo che ricopre in questo film. L'interpretazione di Ben Kingsley come primario dell'ospedale è da oscar come miglior attore non protagonista.
Per tutta la sua durata il film ci fornisce sporadici tasselli che ci dovrebbero aiutare ad immaginare il finale, un finale sconvolgente e drammatico che difficilmente ci si può aspettare.
Scorrevole ed enigmatico sono due termini chiave per descriverlo, il primo aggettivo è fondamentale dal momento che il rischio maggiore per film del genere è quello di scadere nella lentezza e nella noia.
Una nota positiva al film va per l'ambientazione che rende benissimo lo stato d'animo del protagonista e, più in generale, dell'essenza del film. Shutter Island è un'isola impervia, fredda e circondata da un mare mosso e freddo che spesso si avventa senza pietà sull'ospedale. Il colore predominante è il grigio che dà una sensazione di staticità e di solitudine.
Il tema ricorrente del sogno, dell' uno contro tutti, delle domande senza risposta e della spasmodica ricerca di qualcosa che sembra non sia mai successo si intrecciano alla perfezione grazie alla regia di Scorsese.
Forse l'unica nota storta è finale un pò troppo lungo, ma che rivela l'intera architettura della trama e toglie via tutti i possibili dubbi.

Consiglio vivamente questo film a chiunque sia appassionato o interessato ai thriller psicologici, verrete soddisfatti sotto qualsiasi punto di vista.

Voto: 8/9

Da sinistra verso destra: il primario John Cawley (Ben Kinsgley), l'agente Edward Daniels (Leonardo DiCaprio) e l'agente Chuck Aule in una scena del film.

venerdì 13 agosto 2010

Tim Burton: Alice in Wonderland


Questo film è pietoso. Ora vi spiego il perchè.


Circa un anno prima della sua uscita nei cinema (quindi marzo 2009) iniziò a girare in rete un'immagine che raffigurava il Cappellaio Matto impersonato da Johnny Depp.



Dovete sapere che chi sta scrivendo questa recensione è una persona a dir poco ossessionata dal romanzo di Lewis Carroll "Alice's Adventures in Wonderland/Through The Looking Glass", inoltre ho trovato che il make-up fosse assolutamente azzeccato per il personaggio, un misto di follia e allucinazione, per esempio gli occhi con le pupille dilatate tipiche dei cappellai in epoca vittoriana che erano abituati ad usare mercurio nel fabbricare i cappelli di feltro e l'etichetta sul cappello 10/6 ovvero 10 scellini e 6 pence. "Molto promettente e fedele alle illustrazioni di Tenniel!", ho pensato.
Se poi aggiungiamo il fatto che sia Tim Burton a dirigerlo allora viene da pensare che nessun altro regista sarebbe stato più adatto a dar vita a quel romanzo così difficile e unico da diversi punti di vista.

L'attesa per l'uscita del film diventò sempre più frenetica mese dopo mese fin quando iniziarono a trapelare alcuni dettagli circa il cast e la trama. Sul cast ho poco da obbiettare: Crispin Glover è un attore con grandi capacità, ma impersonando il Fante di Cuori (personaggio non presente nel romanzo) non viene resa dovuta giustizia al suo talento. Passi anche la moglie di Burton Helena Bonham Carter nel difficile ruolo della Regina di Cuori. Sul ruolo di Alice sarebbe stato più apprezzata un attrice leggermente più carina di Mia Wasikowska.
Ma riguardo la trama? E qua le noti si fanno molto dolenti...
L'adattamento del romanzo e quindi la sceneggiatura fu data a Linda Woolverton, famosa per le sceneggiature dei cartoni della Walt Disney "La Bella e la Bestia" e "Il Re Leone". Iniziai a pensarci su e qualcosa mi lasciava perplesso...ah si! ora ricordo...sarebbe stata la Walt Disney Pictures a produrre il film.
Qui inizia il baratro: il genio di Tim Burton che non dà limiti all'immaginazione sarebbe stato influenzato pesantemente da tale casa di produzione, al punto tale da domandarsi se si tratti dello stesso regista di Beetlejuice o Edward Mani di Forbice.
La sceneggiatura rasenta il ridicolo, stravolgendo completamente la trama del romanzo e traendo solo alcuni spunti da quest'ultimo. Un miscuglio di situazioni si intrecciano in modo caotico, scene fedeli al libro si contrappongono ad altre completamente inventate di sana pianta dalla signora Linda, personaggi protagonisti dell'opera di Lewis Carroll come il Brucaliffo oppure i gemelli Pinco & Panco scendono in secondo piano e, in particolar modo, gli ultimi sfiorano l'imbarazzo sia per rappresentazione che essenza.
Io, che attendevo impaziente la famosa scena di Alice che dialoga con il Brucaliffo, resto inorridito da quella del film in cui lui dice due cose riguardo ad un calendario e poi svanisce nel nulla......eh???
Poi però mi sono detto: "Magari la scena di Pinco & Panco che raccontano ad Alice la storia sarà fedele", restando poco dopo nuovamente deluso. Meglio a questo punto che non parlo dello Stregatto. Le illustrazioni del romanzo curate da Sir John Tenniel sembrano non esser state nemmeno prese in considerazione.

Se dovessi elencare tutte le scene deludenti e non fedeli all'originale credo che risulterei prolisso in modo assurdo, quindi vedrò di riassumere.
Il film non c'entra nulla con il romanzo se non per due o tre scene, una grande pecca è la scelta di averlo girato in stereoscopia e non nel modo più canonico, c'è da dire però che avrebbe avuto le sue potenzialità questa scelta di regia per una mente come Tim Burton se solo non fosse stato influenzato dalla casa di produzione.
La sceneggiatura è un insulto a Lewis Carroll, sembra che Linda non abbia colto un briciolo di essenza del romanzo.
Il duello con il mostro Jabberwocky è inguardabile, pare un combattimento in stile Tekken. Il Cappellaio Matto che danza come Michael Jackson nella danza della deliranza è la cosa più imbarazzante dell'intero film.

Lo spirito del romanzo che fine ha fatto? Quel misto di disorientamento, di nonsense e di inquietudine che hanno caratterizzato uno dei libri più letti e conosciuti al mondo.
Una profondissima delusione mi ha colto all'uscita dal cinema, Burton che non è Burton, solo l'interpretazione di Johnny Depp è salvabile e qualche scenografia di alcune scene.
Difficile era rendere bene l'essenza del romanzo, del mondo che Carroll aveva creato con la sua mente da matematico, ma tra la mediocrità e l'eccellenza esiste una via di mezzo. Potrei essere sul punto di reputare più fedele il film in stop motion "Alice" di Švankmajer (consigliatissimo tra l'altro, almeno si ritrova l'elemento d'inquietudine).
Personalmente me ne frego degli effetti speciali e visivi, mi bastava un film con la trama più fedele possibile al romanzo e l'uso di  stop motion come per Beetlejuice o Nightmare Before Christmas. Non è chiedere troppo, forse anche lo stesso Burton l'avrebbe voluto.

Voto: 4

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