venerdì 30 aprile 2010

We want you...

We want you to join Scena Madre



Sì certo, lo so, usare lo Zio Sam è scontato è banale, ma è anche vero che nessuno può resistergli...

Ciò di cui abbiamo bisogno sono alcune persone che abbiano voglia di scrivere di tanto in tanto, senza prendersi troppo sul serio, commenti a film, recensioni o notizie riguardanti il mondo del cinema.
Gli unici requisiti richiesti sono un po' di ironia, la conoscenza della lingua italiana e un po' di tempo almeno un paio di volte a settimana per scrivere qualcosa sul blog.

Se siete interessati potete semplicemente rispondere qui sotto, fatevi avanti!

Gli zombi: Uno studio approfondito

Oggi ero a lezione all'università e il nostro caro docente per farci un esempio di ricerca di informazioni online ha pensato bene di prendere come elemento di partenza gli zombi.
Non starò a spiegare il contenuto del corso, ma il lavoro svolto mi ha fatto tornare in mente un progetto a cui avevo pensato qualche mese fa, ovvero raccogliere più informazioni possibili su questi non-morti e scrivere una guida, un specie di "enciclopedia" che contenga più informazioni possibili in merito, sia per quanto riguarda il cinema che le tradizioni e cercando di approfondire anche un po' la parte scientifica.

Bene, è arrivato quel momento.
Posterò, qui sul blog, gli sviluppi e le ricerche che ho compiuto.

Per il momento mi sono limitato a cercare dei pdf su google, ne ho scaricati un bel po', vedremo se avrò tempo di leggerli e quanto si possano rivelare utili...

Auguratemi buona fortuna!

giovedì 29 aprile 2010

Nuovo Look

Scena Madre ha cambiato il suo aspetto, diteci cosa ne pensate!

Sono ben accetti suggerimenti, critiche e lamentele.

Tom Shankland: The Children

Colori accesi, allegri, luminosi (“colorati” come li ha definiti lo stesso registra Tom Shankland).
Natale, allegria, una casa in montagna coperta dalla neve.
Bambini che corrono felici in giardino e genitori colmi d'amore.

Una vera e propria visione idilliaca.

Non dura molto, in certi casi, la felicità. In particolar modo se i bambini stanno male, hanno la nausea, si comportano in modo strano, scoppiano a piangere nel bel mezzo del pranzo, scappano nel bosco sfuggendo all'occhio dei genitori, maneggiano oggetti pericolosi o intraprendono un nuovo gioco di violenza e morte.

Quando guardiamo un film, spesso viene da chiedersi come ci si comporterebbe se ci si trovasse nei panni del protagonista e in particolare se si parla di film horror, l'esperienza è tanto più realistica e spaventosa quanto più ci si impersona in questo, o in un altro dei personaggi.
Ma ciò a cui siamo abituati è un film di adulti, per adulti, con adulti. E se a fianco a loro vi fossero dei bambini? Come dovremmo comportarci, in situazioni spiacevoli con cadaveri che iniziano a riempire lo schermo, se i nostri figli fossero lì, accanto a noi? Certamente cercheremmo di evitare che possano subire esperienze traumatiche, sono così puri del resto.
Ma cosa faremmo invece, se i nostri aguzzini e carnefici fossero proprio loro?
Rendersene conto ed accettarlo sarebbe sicuramente difficile, se non impossibile e rischieremmo di cadere nelle loro mani a causa della nostra ingenuità o del nostro attaccamento ai nostri pargoli.

È proprio questo che accade in The Children, un film horror fuori dal comune che mette in tavola scene di uccisioni semplici ma efficaci, poiché a smembrare persone a destra e a manca non è il solito energumeno o mostro dotati di forza sovrumana, ma dei semplici ragazzini che mai e poi mai riuscirebbero a sollevare neanche un'accetta.





Trent'anni fa moriva Alfred Hitchcock

Il 29 aprile 1980 veniva a mancare il re del brivido, ecco le iniziative volte ad omaggiarlo.

Dal canto nostro, invece, ci accontenteremo il 21 maggio di ricordare Bruno Mattei, con una maratona dedicata a lui. Siete tutti invitati.

mercoledì 28 aprile 2010

John Carl Buechler: Troll

Questo film è un delirio.
C'è la famiglia Potter con Harry padre e figlio rispettivamente Senior e Junior e c'è Sonny Bono, oltre ad un nano e un troll, impersonato dallo stesso ma con un costume plasticoso messo addosso.
No, questo non è ancora niente, perché la varietà dei personaggi e la trama traballante sono i suoi punti di forza, seppur non bastino ad elevarlo sufficientemente da incontrare il favore del grande pubblico.

Harry Potter è un maghetto inglese che con il passare degli anni diventando grande acquisisce poteri sempre maggiori, mentre lotta contro un nemico più grande di lui?
Non proprio, Harry è un ragazzino che deve badare a sua sorella mentre i genitori sono indaffarati a sistemare mobili e cianfrusaglie nella nuova casa, subito dopo il trasloco; peccato però che la piccola sia stata presa prigioniera da un troll che ne ha assunto le sembianze per non farsi scoprire mentre porta avanti il suo piano di conquista dell'edificio e quindi del mondo.
Un appartamento dopo l'altro, la ragazzina dei capelli dorati deve trasformare gli abitanti in cetrioli giganti dai quali usciranno esserini di altri mondi che aiuteranno il troll nel suo malefico piano.
Fortunatamente il giovane Harry fa la conoscenza della strega che vive all'ultimo piano, apparentemente anziana signora discreta, che si rivela piena di risorse e lo inizia al mondo dell'occulto, affidandogli il compito di sconfiggere il troll.

Ci sono molteplici elementi che mi hanno colpito e ancora mi fanno riflettere in questo film, come il nome del protagonista, sarà un caso che Harry Potter sia un ragazzino (anche se nel doppiaggio italiano ha più la voce da trentenne) che indipendentemente dalla sua volontà si ritrova ad aver a che fare con la magia?
Altro elemento di cui discutere: il finale, come lo si può spiegare? Torok, il mago che è stato tramutato in troll in tempi antichi, perché si presenta sia nella sua forma attuale che in quella di un mostro alato? E perché queste due combattono tra loro?
Ma soprattutto: i film che Harry guarda in tv, esistono davvero?

martedì 27 aprile 2010

Phillip Noyce: Furia Cieca

Rutger Hauer è Nick Parker, un soldato che ha perso la vista in Vietnam durante un'imboscata subita a causa della negligenza del suo migliore amico, durante un tentato assalto alle linee nemiche. Perso e in preda agli eventi, finisce per essere catturato dagli abitanti di un villaggio, in cui viene istruito nell'uso della spada e nel destreggiarsi anche se privo di uno dei cinque sensi.

Anni dopo, lo ritroviamo mentre sta andando a far visita al suo commilitone, ma ad aspettarlo ci sono solo la moglie e il figlio di lui, che è ormai finito per essere prigioniero di un grosso spacciatore di droga, per il quale sta mettendo a punto una nuova sostanza letale.
Scambiate poche parole con la donna, è costretto a mettersi subito in marcia verso il vecchio Terry per portarlo in salvo e riconciliarlo al figlio, strappato dalle grinfie dei sicari del boss.

L'avventura è un misto di azione, dramma e comicità tipico degli anni '80-'90, quest'ultima dovuta soprattutto alla mancanza della vista del protagonista, comunque sufficientemente destro da riuscire a cavarsela in qualsiasi situazione, soprattutto in quelle al limite del credibile (come la guida di un furgone in centro città o più semplicemente gli svariati combattimenti nei quali riesce sempre ad avere la meglio).

Non è necessario dire che tutto andrà per il verso giusto, culminando con il ricongiungimento tra padre e figlio e l'eroe che si allontana da loro lasciandoli al loro destino per ripartire in cerca di nuove avventure, ma lo farò comunque, non solo per rovinarvi il finale ma anche per ribadire che si tratta di un bel film, che contiene tutti i classici cliché di quegli anni lì, dal reduce del Vietnam dal cuore d'oro alla lotta con il "boss finale" che è l'unico che può tenergli testa.

lunedì 26 aprile 2010

Roger Corman: La Vergine di Cera

Allontanatosi dal suo battaglione, un giovane ufficiale napoleonico si trova nei pressi di un castello nel quale si cela un misterioso segreto legato ad una intricata storia di amore, tradimento e morte.

Una evanescente ed affascinante figura femminile guida il tenente Andre Duvalier (Jack Nicholson) dalla spiaggia dove riprende i sensi fino alla cima della scogliera sulla quale si erge un castello abitato dal sinistro barone Von Leppe (Boris Karloff) e ai cui piedi vive in gran segreto una strega.
L'azione si svolge prevalentemente all'interno della fortezza, dove il giovane soldato girovaga in cerca di informazioni riguardo la ragazza che ha visto fuori dal castello e che il barone afferma essere sua moglie, morta oltre vent'anni prima.
Le ricerche di Andre lo porteranno a scoprire il mistero che si cela dietro il barone, assassino di sua moglie perché ne ha scoperto il tradimento con un altro uomo, figlio della strega che vive nei pressi del castello e che ha come suo unico scopo nella vita indurre il nobile al suicidio facendolo tormentare dai sensi di colpa. La vecchia è infatti convinta che il barone abbia tolto la vita anche a suo figlio, mentre è ignara del fatto che proprio lui, in seguito allo shock dovuto alla morte dell'amata, abbia inconsciamente preso il posto di Von Leppe, il quale è morto poco dopo la moglie.
Il piano della megera avrà comunque successo, anche una volta scoperta la verità e non potrà più fare niente per evitarlo.

La fotografia e le scenografie rendono perfettamente quelli che sono l'alone di mistero e l'atmosfera cupa che aleggiano sulla persona del barone Von Leppe e il suo castello, uniti ad una regia incostante (si alternano infatti alla regia Roger Corman, Francis Ford Coppola, Monte Hellman, Jack Hill e Jack Nicholson) che sottolinea ancora di più la particolarità dell'ambientazione e la vena surreale della vicenda, che sente in un certo qual senso l'eredità dei racconti di Edgar Allan Poe.

sabato 24 aprile 2010

Louis Leterrier: Scontro tra Titani

Ammetto le mie colpe innanzi a te, Mio Signore!

Già, perché mai come in questo momento mi sono sentito più in colpa dopo aver visto un film... e volete sapere perché? Perché ho visto chi sono gli sceneggiatori e il regista e forse avrei potuto risparmiare 4€ (lo so, ho pagato poco il cinema, ma avrebbero dovuto pagarmi loro per assistere a questo scempio) e un po' di tempo, magari per spenderlo a vedere un bel film.

Sarò didascalico.
Punti a favore: buone aspettative perché l'originale era un gran bel film; c'è quell'attore che ultimamente sta facendo tanto successo perché ha un bel faccino, un bel fisico e fa il duro che ci piace tanto.
Ma soprattutto: i trailer (in lingua originale) sono una figatona.
>>Mi dicono di sottolineare che c'è anche Polly il kraken, ma vabbè io non sono un grande fan<<

Tutto il resto:
Il film non si avvicina neanche all'originale, stravolgendone la storia, sopprimendo personaggi e facendomi quasi piangere; insomma, quando si fanno i remake si sfrutta il successo di un bel film per farne un'accozzaglia di corse e combattimenti per attirare allocchi (eccomi, sono il primo) al cinema.
E poi, perché da qualche anno "film d'azione" è sinonimo di "trama banale o del tutto assente"?
Ma punto fondamentale, per comprendere il perenne peggioramento del cinema internazionale (diciamo pure americano), è il voler sempre più fare del protagonista il figo per eccellenza, quello che tutto può e sempre vincerà, contro tutti, magari anche sparando qualche battutina a volte inopportuna.
Deve essere quindi scaltro, forte, simpatico e ovviamente in cerca di vendetta perché qualcuno gli ha ucciso qualche parente, amico, l'amata eccetera eccetera.
Tanto alla fine vince, ma lo si sa dall'inizio, vent'anni fa almeno facevano finta di farci venire il dubbio.

Killer Crocodile

Pater Sparrow: 1

Ad una libreria, anche se ben fornita, potrebbe mancare UN libro.
E se invece di mancare, fosse presente UN solo libro, il cui contenuto fa, inspiegabilmente, perdere il senno a chi lo legge? Un solo libro, in migliaia di copie, che ben presto monopolizzerà gli spazi nei notiziari televisivi a causa della sua peculiarità.
Mentre si svolgono le indagini della polizia per cercare di individuare chi e in quale modo abbia diffuso il libro, che in copertina riporta un semplice “1”, viene pian piano illustrato allo spettatore cosa si cela tra le sue pagine.
Non si tratta che di statistiche; statistiche accuratissime, su qualsiasi argomento si possa immaginare e l'accuratezza dei dati riportati è sorprendente, perché si aggiornano ogni istante con quella che è la realtà del pianeta.
Quante persone nascono, quante perdono la vita, il numero di rapporti sessuali in ogni momento, ogni giorno, giorno e notte, a qualsiasi ora si apra il libro questo continua ad aggiornarsi, a far scorrere una quantità di numeri inimmaginabile, tutti riguardanti le nostre vite, tutti ad indicare le nostre abitudini, a renderci partecipi degli avvenimenti del pianeta, evidenziare ogni particolare del mondo che ci circonda, dell'animo umano.

Non si può non rimanere toccati da ciò che vi è scritto, come non si può non rimanere toccati dalla visione di questo film surreale, difficile se non impossibile da comprendere, che lascia lo spettatore inerme davanti allo schermo, a chiedersi cosa gli sia appena passato davanti: un capolavoro visionario o un complesso di scene che nel loro susseguirsi non giungono a nessuna conclusione?
Che ognuno esprima il proprio parere in proposito, poiché parlare oggettivamente ed in modo univoco di questa produzione è quanto di più sbagliato si possa cercare di fare, data la sua originalità e la (apparente?) mancanza di senso dei 90 minuti appena trascorsi.

venerdì 23 aprile 2010

James K. Shea: Il Pianeta dei Dinosauri

L'equipaggio di un'astronave precipitata, un pianeta da scoprire e insidie nascoste dietro ogni angolo. Una manciata di dinosauri monocromatici e animati in stop motion e qualche ragno di proporzioni bibliche sono i temibili pericoli che i nostri dovranno affrontare in una strenua lotta per la sopravvivenza.

Una nave spaziale, non ci è dato sapere per quale motivo, è in avaria e l' equipaggio si salva miracolosamente prima della sua esplosione salendo a bordo di una scialuppa di salvataggio, la quale viene attirata dalla gravità di un pianeta sconosciuto e al di fuori di qualsiasi rotta che sia mai stata battuta dall'uomo. In pochi minuti la ritroviamo infatti in un lago ad affondare lentamente mentre i suoi occupanti a nuoto cercano di raggiungere la riva.
Fortunatamente non ci sono morti nell'impatto e l'atmosfera sembra identica a quella terrestre, ma ben presto i primi problemi inizieranno ad insorgere, a partire dalla radio dimenticata nella nave affondata con relativa donna sbranata da un simil-coccodrillo mentre cerca di andare a recuperarla.
L'avventura degli (ormai) otto, inizia quindi nel peggiore dei modi, proseguendo tra fughe da enormi mostri preistorici, litigi e lotte per il comando del gruppo, uomini e donne baffuti, fucili laser di plastica ai quali i dinosauri sono del tutto immuni e il continuo dilemma: insediarsi sul pianeta e cercare di avviare una nuova civiltà o continuare a nascondersi e sperare di essere portati in salvo da una improbabile spedizione di soccorso?

Ci troviamo davanti a una produzione che certamente non verrà ricordata per l'impiego di importanti effetti speciali o per l'elaborazione della trama, né soprattutto per una profonda caratterizzazione dei personaggi.
Ma allora, per cosa dovremmo ricordare “Il pianeta dei dinosauri”?
Forse per il fatto che nello stesso anno, il 1979, è uscito nelle sale un vero capolavoro, Alien, e così su due piedi vien da domandarsi come sia possibile che a differenza di pochi mesi possano aver visto la luce due prodotti così diversi qualitativamente parlando (pur ovviamente rimanendo all'interno dello stesso genere).
Potremmo quindi bollare come totale fallimento il lavoro di James K. Shea, famoso per non aver avuto più di altri 2 ruoli (e anche piuttosto marginali) in campo cinematografico oltre a questa pellicola da lui diretta e prodotta, se non fosse che è facile rimanere affascinati da questo lavoro proprio per la sua scarsa qualità, lo script a tratti delirante (vedere per credere la “trappola” tesa al tirannosauro verso la fine o la possente palizzata costruita per contenere gli assalti delle temibili bestie che abitano la superficie) e le battute insensate pronunciate da mediocri attori che se non altro paiono convinti dei loro ruoli.

martedì 20 aprile 2010

Al Adamson: Sette per l'infinito contro i mostri spaziali

Prendiamo due nomi a caso: Sue McNair e Al Adamson, facciamo scrivere una sceneggiatura al primo e affidiamo la regia al secondo, noto regista degli anni 70 di film di serie Z sparsi tra fantascientifici e horror.
Quello che ne esce è un delirio di 85 minuti in cui vediamo: vampiri spaziali, modellini di astronavi su sfondi di cartone, scene di qualsiasi tipo ripetute continuamente per tutta la durata della pellicola, variazioni cromatiche dell'atmosfera usate per sottomettere la popolazione di un intero pianeta, scimmie-pipistrelli, sparatorie laser negli angoli più remoti dell'universo, mostri acquatici e quant'altro di più insensato potete immaginare.

Riassumere la trama di un simile scompiglio è da considerarsi un'impresa titanica, anche dopo aver visto il film per quattro volte. Fin dai primi minuti lo spettatore si può infatti rendere conto di essere davanti a uno dei film meno sensati della storia del cinema, che inizia con attacchi apparentemente casuali di vampiri ad umani, mentre una voce fuori campo ci racconta che questi provengono da un pianeta appena scoperto dagli scienziati della Terra che stanno per avvicinarvisi per esplorarlo profetizzando una imminente fine per la loro razza...
Un attimo dopo ecco che l'azione si sposta su una di queste astronavi diretta su Astrogeos, il cui equipaggio approderà senza problemi sul nuovo nuovo mondo, lasciando però il vecchio comandante, nonché scienziato affermato, a bordo della navicella a combattere contro velivoli nemici dall'origine non molto chiara.
Astrogeos, scopriremo, è abitato da due popoli umanoidi in lotta tra loro, nonché da mostri di vario genere, il più delle volte dalle sembianze umane (per ovvi motivi costumistici) o dal vago sentore di gomma.
Fatto interessante della vicenda è che questo le viscere di questo pianeta ospitano una risorsa energetica dalle proprietà fantastiche, motivo per cui una razza aliena sta soggiogando le popolazioni locali per poterla sfruttare.

Una pellicola senza capo né coda e fatta probabilmente per il solo gusto di aggiungere un titolo alla propria filmografia o per amore del cinema senza fronzoli, che non ha un perché e non vuole averlo; quasi da paragonare ai classici catastrofici giapponesi con trama ridotta all'osso, sempre che ce ne sia.

lunedì 19 aprile 2010

FICA, ovvero il Festival Intercomunale di Cinema Amatoriale

Scrivo fresco di ricordi ed a un'ora per me solitamente improponibile perché voglio esprimere il mio disappunto per questa esperienza appena svolta.

La storia inizia ieri (ormai, l'altro ieri) sabato 17 aprile, quando veniamo a conoscenza, tramite Bloodbuster della presenza di Enzo G. Castellari a questo fantomatico festival di periferia e decidiamo, non senza pensarci un po', di organizzarsi e partire. Del resto non è una decisione che normalmente si prende con tanta leggerezza, parliamo pur sempre di fare Trieste - Brescia andata e ritorno senza fermarsi a dormire...
Ma per Enzo e per la presentazione in anteprima del suo nuovo film, questo ed altro!

Ecco, sì, Enzo...
Tralascerò i dettagli del viaggio, siamo partiti in 3 da Trieste, per raccogliere gli altri due sventurati compagni di viaggio a Padova (dove li lasceremo anche poi al ritorno) e con i soliti piccoli problemi di orari, pasti e location, arriviamo, appunto con un po' di ritardo rispetto all'inizio dell'evento.

Entriamo in sala ed assistiamo alla proiezione di due spot, presumibilmente degli anni '50 - '60 dei salumi Negroni che hanno per protagonisti dei cowboy... (se non mi sbaglio si tratta del "ricordo del regista Angio Zane, riportato in programma) molto western, molto simpatici, ci fanno divertire e così iniziamo bene; anche se, mannaggia, siamo arrivati tardi e ci siamo persi l'intervento di Castellari! Ma perché non lo vediamo in sala?
Si prosegue poi con le premiazioni e la proiezione dei corti vincitori.
Non me ne voglia chi fa parte dell'organizzazione, ma non ho idea di quali fossero i vincitori, ricordo solo che si trattava di uno spagnolo, con il suo "The Perfect Immigrant" (che, sarò sincero, non mi è piaciuto) e di un ragazzimo di 15 anni, al quale farei volentieri i miei complimenti, se potessi, per il suo corto con protagonista un pupazzo di un papero che cerca disperatamente di riunirsi al suo amico cagnolino, chiuso in un sacco probabilmente destinato al cassonetto. Toccante, se preso con il giusto spirito, e tecnicamente ben realizzato, se consideriamo da chi è stato fatto.

Finalmente il momento tanto atteso, la proiezione di "Quel Maledetto Treno Blindato" di Enzo G. Castellari. Quel Maledetto Treno Blindato? Abbiamo fatto più di 300km per vedere Carribean Basterds e vogliono proiettare Quel Maledetto Treno Blindato? C'è qualcosa che non va.
Dopo la presentazione della pellicola, mi faccio coraggio, alzo la mano per chiedere delucidazioni in merito e mi viene risposto dal presentatore della serata che quello era un programma vecchio, che è stato cambiato perché Castellari non ha presenziato e che avrebbe appunto dovuto portare lui la pellicola in quanto inedita.
Ora, vorrei dire, posso capire che non avremmo dovuto fidarci di Bloodbuster (che ancora riporta il programma vecchio, e lo sponsorizza su facebook) e avremmo dovuto controllare sul sito ufficiale del festival (per quanto scarno e privo di recapiti) ma anche lì, a voler ben vedere, è assicurata la presenza del regista, che quindi non solo non ha portato l'anteprima del film appena ultimato, ma non ha nemmeno  presentato il nuovo western "Gli Implacabili".
Insomma, passi che non è stato proiettato il film perché non l'ha portato, ma potevano almeno eliminare del tutto la notizia di una sua presenza al festival... o poteva far comodo attirare gente con l'inganno?

Sta di fatto che siamo rimasti amareggiati, siamo partiti alle 16.30 da Trieste e siamo tornati alle 4.30, 12 ore giuste giuste, di cui circa 3 in sala, gran parte delle altre in auto.
Bilancio personale: 35€ spesi per vedere un film già visto (con lo stesso regista in sala, presentato da lui, al Science+Fiction di Trieste non molto tempo fa) e che ho in dvd (in una bellissima edizione, tra l'altro, e che ho avuto la fortuna di riuscire a farmi autografare), guidato per quasi 700km (o forse anche un po' di più, contando i tragitti fatti in centro città, tra Trieste, Padova e Brescia) e un'estrema delusione.
Ma soprattutto, di chi è la colpa? Mi piacerebbe scoprirlo, ma credo che non sarà così facile...

Comunque abbiamo deciso di partecipare anche noi l'anno prossimo, almeno potremmo dare un senso a questo lunghissimo viaggio.

sabato 17 aprile 2010

Roger Corman: La piccola bottega degli orrori

I desideri dei più estremi ambientalisti si realizzano in questa commedia dal gusto macabro in cui il giovine garzone di un fioraio scopre una nuova specie di pianta che si ciba di carne umana.

Seymour è un ragazzo squattrinato con la passione per le piante che si trova a lavorare nel negozio del Sig. Mushnik, fioraio dalla clientela quasi nulla ed evidenti problemi finanziari.
A cercare di risollevare le sorti dell'attività ci penserà Seymour, il quale ha allevato una pianta dall'aspetto curioso e, scopriremo presto, abitudini alimentari alquanto bizzarre.
Particolarità di questo esserino, infatti, è l'essere sì una pianta carnivora, ma che si ciba di carne umana e, a rendere ancora più surreale il tutto, dotata del dono della parola, del quale farà uso per chiedere di essere nutrita e costringere Seymour a procurargli ogni notte nuove vittime.
La pianta ad ogni pasto cresce di dimensioni e tra lo stupore di tutti e l'ammirazione di molti, il giovane acquisisce notorietà a tal punto di attirare su di sé l'attenzione di due detective che stanno indagando sulla scomparsa delle persone che sono state date in pasto al malefico essere.

La pellicola scorre liscia, complice la semplicità della storia che evita di perdere il filo o rimanere confusi e le risate, seppur non esagerate, che scaturiscono a più riprese.
Oltre a strappare qualche sorriso e far aggrottare un po' la fronte davanti a un ragazzetto che ciba una pianta con carne umana, questo film fa anche riflettere, evidenziando come sia possibile raggiungere la felicità e la notorietà tramite qualcosa di più grande di noi, che ci può indurre a compiere azioni che mai avremmo voluto compiere fino a consumarci e portarci alla morte.

Enzo G. Castellari: L' Ultimo Squalo

Una colonna sonora coinvolgente e i movimenti fluenti di un giovane sul windsurf accolgono lo spettatore già dai primi istanti e in pochissimo tempo siamo immersi in una comunità costiera statunitense che vive serenamente, in attesa della annuale regata di windsurf che porterà sulle loro spiagge appassionati da tutto il Paese.
Peccato che proprio nei giorni precedenti la regata, una minaccia giunga dal mare: uno squalo bianco dalle dimensioni mai viste prima... se non in Lo Squalo di Steven Spielberg, di qualche anno prima (1975, contro il 1981 di cui stiamo parlando).
Il sindaco e i cittadini si troveranno nella spiacevole situazione di dover decidere se sacrificare l'evento tanto atteso o cercare una soluzione per tenere alla larga il pericoloso predatore.
Ovviamente come vuole la tradizione film-esca, la scelta ricadrà sulla seconda ipotesi, nonostante gli avvertimenti del vecchio cacciatore di squali che abita in città. Il metodo è tanto rozzo quanto semplice: viene distesa una rete metallica lungo tutta l'imboccatura del golfo per impedire allo squalo di accedervi e giusto per restare in tema di ovvietà, diciamo pure che la spropositata forza di questo abitante del mare gli permetterà di aprirvi una breccia e fare uno spuntino proprio in concomitanza della gara, con conseguente caccia allo squalo.
Tra cavalcatori di tavole e cacciatori di mostri marini, i morti sono molteplici per tutta la durata del film, fino ad arrivare all'epilogo vittorioso, in cui possiamo finalmente tirare un respiro di sollievo.

Come d'abitudine con questo regista, i ritmi sono sostenuti e il film mai noioso, i personaggi forse non brillano per la grande caratterizzazione, ma fanno comunque una bella figura nel complesso gli attori, forse non eccelsi ma che sanno fare il loro mestiere più che dignitosamente. Parlando sempre di cast(ellari), troviamo anche qui una parte della famiglia Girolami (sicuramente saprete, o avrete intuito, per cosa sta la “G.” nel nome del regista), come accade spesso nei suoi film (la figlia, ad esempio, recita la parte di una giovane che, salvata in extemis, perde una gamba).
Vista la somiglianza con la pellicola di Spielberg già citata, non stupisce il fatto che abbia passato dei guai giudiziari proprio per questo motivo, anche se a confrontarlo con Jaws, l'opera italiana è probabilmente meno seria, più scanzonata, rivolta ad un pubblico più interessato a divertirsi che a spaventarsi.
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