venerdì 23 aprile 2010

James K. Shea: Il Pianeta dei Dinosauri

L'equipaggio di un'astronave precipitata, un pianeta da scoprire e insidie nascoste dietro ogni angolo. Una manciata di dinosauri monocromatici e animati in stop motion e qualche ragno di proporzioni bibliche sono i temibili pericoli che i nostri dovranno affrontare in una strenua lotta per la sopravvivenza.

Una nave spaziale, non ci è dato sapere per quale motivo, è in avaria e l' equipaggio si salva miracolosamente prima della sua esplosione salendo a bordo di una scialuppa di salvataggio, la quale viene attirata dalla gravità di un pianeta sconosciuto e al di fuori di qualsiasi rotta che sia mai stata battuta dall'uomo. In pochi minuti la ritroviamo infatti in un lago ad affondare lentamente mentre i suoi occupanti a nuoto cercano di raggiungere la riva.
Fortunatamente non ci sono morti nell'impatto e l'atmosfera sembra identica a quella terrestre, ma ben presto i primi problemi inizieranno ad insorgere, a partire dalla radio dimenticata nella nave affondata con relativa donna sbranata da un simil-coccodrillo mentre cerca di andare a recuperarla.
L'avventura degli (ormai) otto, inizia quindi nel peggiore dei modi, proseguendo tra fughe da enormi mostri preistorici, litigi e lotte per il comando del gruppo, uomini e donne baffuti, fucili laser di plastica ai quali i dinosauri sono del tutto immuni e il continuo dilemma: insediarsi sul pianeta e cercare di avviare una nuova civiltà o continuare a nascondersi e sperare di essere portati in salvo da una improbabile spedizione di soccorso?

Ci troviamo davanti a una produzione che certamente non verrà ricordata per l'impiego di importanti effetti speciali o per l'elaborazione della trama, né soprattutto per una profonda caratterizzazione dei personaggi.
Ma allora, per cosa dovremmo ricordare “Il pianeta dei dinosauri”?
Forse per il fatto che nello stesso anno, il 1979, è uscito nelle sale un vero capolavoro, Alien, e così su due piedi vien da domandarsi come sia possibile che a differenza di pochi mesi possano aver visto la luce due prodotti così diversi qualitativamente parlando (pur ovviamente rimanendo all'interno dello stesso genere).
Potremmo quindi bollare come totale fallimento il lavoro di James K. Shea, famoso per non aver avuto più di altri 2 ruoli (e anche piuttosto marginali) in campo cinematografico oltre a questa pellicola da lui diretta e prodotta, se non fosse che è facile rimanere affascinati da questo lavoro proprio per la sua scarsa qualità, lo script a tratti delirante (vedere per credere la “trappola” tesa al tirannosauro verso la fine o la possente palizzata costruita per contenere gli assalti delle temibili bestie che abitano la superficie) e le battute insensate pronunciate da mediocri attori che se non altro paiono convinti dei loro ruoli.

martedì 20 aprile 2010

Al Adamson: Sette per l'infinito contro i mostri spaziali

Prendiamo due nomi a caso: Sue McNair e Al Adamson, facciamo scrivere una sceneggiatura al primo e affidiamo la regia al secondo, noto regista degli anni 70 di film di serie Z sparsi tra fantascientifici e horror.
Quello che ne esce è un delirio di 85 minuti in cui vediamo: vampiri spaziali, modellini di astronavi su sfondi di cartone, scene di qualsiasi tipo ripetute continuamente per tutta la durata della pellicola, variazioni cromatiche dell'atmosfera usate per sottomettere la popolazione di un intero pianeta, scimmie-pipistrelli, sparatorie laser negli angoli più remoti dell'universo, mostri acquatici e quant'altro di più insensato potete immaginare.

Riassumere la trama di un simile scompiglio è da considerarsi un'impresa titanica, anche dopo aver visto il film per quattro volte. Fin dai primi minuti lo spettatore si può infatti rendere conto di essere davanti a uno dei film meno sensati della storia del cinema, che inizia con attacchi apparentemente casuali di vampiri ad umani, mentre una voce fuori campo ci racconta che questi provengono da un pianeta appena scoperto dagli scienziati della Terra che stanno per avvicinarvisi per esplorarlo profetizzando una imminente fine per la loro razza...
Un attimo dopo ecco che l'azione si sposta su una di queste astronavi diretta su Astrogeos, il cui equipaggio approderà senza problemi sul nuovo nuovo mondo, lasciando però il vecchio comandante, nonché scienziato affermato, a bordo della navicella a combattere contro velivoli nemici dall'origine non molto chiara.
Astrogeos, scopriremo, è abitato da due popoli umanoidi in lotta tra loro, nonché da mostri di vario genere, il più delle volte dalle sembianze umane (per ovvi motivi costumistici) o dal vago sentore di gomma.
Fatto interessante della vicenda è che questo le viscere di questo pianeta ospitano una risorsa energetica dalle proprietà fantastiche, motivo per cui una razza aliena sta soggiogando le popolazioni locali per poterla sfruttare.

Una pellicola senza capo né coda e fatta probabilmente per il solo gusto di aggiungere un titolo alla propria filmografia o per amore del cinema senza fronzoli, che non ha un perché e non vuole averlo; quasi da paragonare ai classici catastrofici giapponesi con trama ridotta all'osso, sempre che ce ne sia.

lunedì 19 aprile 2010

FICA, ovvero il Festival Intercomunale di Cinema Amatoriale

Scrivo fresco di ricordi ed a un'ora per me solitamente improponibile perché voglio esprimere il mio disappunto per questa esperienza appena svolta.

La storia inizia ieri (ormai, l'altro ieri) sabato 17 aprile, quando veniamo a conoscenza, tramite Bloodbuster della presenza di Enzo G. Castellari a questo fantomatico festival di periferia e decidiamo, non senza pensarci un po', di organizzarsi e partire. Del resto non è una decisione che normalmente si prende con tanta leggerezza, parliamo pur sempre di fare Trieste - Brescia andata e ritorno senza fermarsi a dormire...
Ma per Enzo e per la presentazione in anteprima del suo nuovo film, questo ed altro!

Ecco, sì, Enzo...
Tralascerò i dettagli del viaggio, siamo partiti in 3 da Trieste, per raccogliere gli altri due sventurati compagni di viaggio a Padova (dove li lasceremo anche poi al ritorno) e con i soliti piccoli problemi di orari, pasti e location, arriviamo, appunto con un po' di ritardo rispetto all'inizio dell'evento.

Entriamo in sala ed assistiamo alla proiezione di due spot, presumibilmente degli anni '50 - '60 dei salumi Negroni che hanno per protagonisti dei cowboy... (se non mi sbaglio si tratta del "ricordo del regista Angio Zane, riportato in programma) molto western, molto simpatici, ci fanno divertire e così iniziamo bene; anche se, mannaggia, siamo arrivati tardi e ci siamo persi l'intervento di Castellari! Ma perché non lo vediamo in sala?
Si prosegue poi con le premiazioni e la proiezione dei corti vincitori.
Non me ne voglia chi fa parte dell'organizzazione, ma non ho idea di quali fossero i vincitori, ricordo solo che si trattava di uno spagnolo, con il suo "The Perfect Immigrant" (che, sarò sincero, non mi è piaciuto) e di un ragazzimo di 15 anni, al quale farei volentieri i miei complimenti, se potessi, per il suo corto con protagonista un pupazzo di un papero che cerca disperatamente di riunirsi al suo amico cagnolino, chiuso in un sacco probabilmente destinato al cassonetto. Toccante, se preso con il giusto spirito, e tecnicamente ben realizzato, se consideriamo da chi è stato fatto.

Finalmente il momento tanto atteso, la proiezione di "Quel Maledetto Treno Blindato" di Enzo G. Castellari. Quel Maledetto Treno Blindato? Abbiamo fatto più di 300km per vedere Carribean Basterds e vogliono proiettare Quel Maledetto Treno Blindato? C'è qualcosa che non va.
Dopo la presentazione della pellicola, mi faccio coraggio, alzo la mano per chiedere delucidazioni in merito e mi viene risposto dal presentatore della serata che quello era un programma vecchio, che è stato cambiato perché Castellari non ha presenziato e che avrebbe appunto dovuto portare lui la pellicola in quanto inedita.
Ora, vorrei dire, posso capire che non avremmo dovuto fidarci di Bloodbuster (che ancora riporta il programma vecchio, e lo sponsorizza su facebook) e avremmo dovuto controllare sul sito ufficiale del festival (per quanto scarno e privo di recapiti) ma anche lì, a voler ben vedere, è assicurata la presenza del regista, che quindi non solo non ha portato l'anteprima del film appena ultimato, ma non ha nemmeno  presentato il nuovo western "Gli Implacabili".
Insomma, passi che non è stato proiettato il film perché non l'ha portato, ma potevano almeno eliminare del tutto la notizia di una sua presenza al festival... o poteva far comodo attirare gente con l'inganno?

Sta di fatto che siamo rimasti amareggiati, siamo partiti alle 16.30 da Trieste e siamo tornati alle 4.30, 12 ore giuste giuste, di cui circa 3 in sala, gran parte delle altre in auto.
Bilancio personale: 35€ spesi per vedere un film già visto (con lo stesso regista in sala, presentato da lui, al Science+Fiction di Trieste non molto tempo fa) e che ho in dvd (in una bellissima edizione, tra l'altro, e che ho avuto la fortuna di riuscire a farmi autografare), guidato per quasi 700km (o forse anche un po' di più, contando i tragitti fatti in centro città, tra Trieste, Padova e Brescia) e un'estrema delusione.
Ma soprattutto, di chi è la colpa? Mi piacerebbe scoprirlo, ma credo che non sarà così facile...

Comunque abbiamo deciso di partecipare anche noi l'anno prossimo, almeno potremmo dare un senso a questo lunghissimo viaggio.

sabato 17 aprile 2010

Roger Corman: La piccola bottega degli orrori

I desideri dei più estremi ambientalisti si realizzano in questa commedia dal gusto macabro in cui il giovine garzone di un fioraio scopre una nuova specie di pianta che si ciba di carne umana.

Seymour è un ragazzo squattrinato con la passione per le piante che si trova a lavorare nel negozio del Sig. Mushnik, fioraio dalla clientela quasi nulla ed evidenti problemi finanziari.
A cercare di risollevare le sorti dell'attività ci penserà Seymour, il quale ha allevato una pianta dall'aspetto curioso e, scopriremo presto, abitudini alimentari alquanto bizzarre.
Particolarità di questo esserino, infatti, è l'essere sì una pianta carnivora, ma che si ciba di carne umana e, a rendere ancora più surreale il tutto, dotata del dono della parola, del quale farà uso per chiedere di essere nutrita e costringere Seymour a procurargli ogni notte nuove vittime.
La pianta ad ogni pasto cresce di dimensioni e tra lo stupore di tutti e l'ammirazione di molti, il giovane acquisisce notorietà a tal punto di attirare su di sé l'attenzione di due detective che stanno indagando sulla scomparsa delle persone che sono state date in pasto al malefico essere.

La pellicola scorre liscia, complice la semplicità della storia che evita di perdere il filo o rimanere confusi e le risate, seppur non esagerate, che scaturiscono a più riprese.
Oltre a strappare qualche sorriso e far aggrottare un po' la fronte davanti a un ragazzetto che ciba una pianta con carne umana, questo film fa anche riflettere, evidenziando come sia possibile raggiungere la felicità e la notorietà tramite qualcosa di più grande di noi, che ci può indurre a compiere azioni che mai avremmo voluto compiere fino a consumarci e portarci alla morte.

Enzo G. Castellari: L' Ultimo Squalo

Una colonna sonora coinvolgente e i movimenti fluenti di un giovane sul windsurf accolgono lo spettatore già dai primi istanti e in pochissimo tempo siamo immersi in una comunità costiera statunitense che vive serenamente, in attesa della annuale regata di windsurf che porterà sulle loro spiagge appassionati da tutto il Paese.
Peccato che proprio nei giorni precedenti la regata, una minaccia giunga dal mare: uno squalo bianco dalle dimensioni mai viste prima... se non in Lo Squalo di Steven Spielberg, di qualche anno prima (1975, contro il 1981 di cui stiamo parlando).
Il sindaco e i cittadini si troveranno nella spiacevole situazione di dover decidere se sacrificare l'evento tanto atteso o cercare una soluzione per tenere alla larga il pericoloso predatore.
Ovviamente come vuole la tradizione film-esca, la scelta ricadrà sulla seconda ipotesi, nonostante gli avvertimenti del vecchio cacciatore di squali che abita in città. Il metodo è tanto rozzo quanto semplice: viene distesa una rete metallica lungo tutta l'imboccatura del golfo per impedire allo squalo di accedervi e giusto per restare in tema di ovvietà, diciamo pure che la spropositata forza di questo abitante del mare gli permetterà di aprirvi una breccia e fare uno spuntino proprio in concomitanza della gara, con conseguente caccia allo squalo.
Tra cavalcatori di tavole e cacciatori di mostri marini, i morti sono molteplici per tutta la durata del film, fino ad arrivare all'epilogo vittorioso, in cui possiamo finalmente tirare un respiro di sollievo.

Come d'abitudine con questo regista, i ritmi sono sostenuti e il film mai noioso, i personaggi forse non brillano per la grande caratterizzazione, ma fanno comunque una bella figura nel complesso gli attori, forse non eccelsi ma che sanno fare il loro mestiere più che dignitosamente. Parlando sempre di cast(ellari), troviamo anche qui una parte della famiglia Girolami (sicuramente saprete, o avrete intuito, per cosa sta la “G.” nel nome del regista), come accade spesso nei suoi film (la figlia, ad esempio, recita la parte di una giovane che, salvata in extemis, perde una gamba).
Vista la somiglianza con la pellicola di Spielberg già citata, non stupisce il fatto che abbia passato dei guai giudiziari proprio per questo motivo, anche se a confrontarlo con Jaws, l'opera italiana è probabilmente meno seria, più scanzonata, rivolta ad un pubblico più interessato a divertirsi che a spaventarsi.
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